N. 173. Manzoni, Promessi Sposi, 1840
CAPITOLO VIII. «t$7
I noslri fuggiaschi camminarono un pezzo di buon trolto, in silen-
zio, voltandosi, ora l’uno ora l’allro, a guardare se nessuno gl’ insegui-
va, lulli in affanno per la fatica della fuga, per il balticuore e per
la sospensione in eui erano stali, per il dolore della calliva riuscifa,
per T apprensione confusa del nuovo oscuro pericolo. E ancor piü in
affanno li teneva l’incalzare conlinuodi que’rinlocchi, i quali, quanlo,
per l’allontanarsi, venivan piü fiochi e ollusi, tanlo pareva che pren-
dessero un non so che di piii lugubre c sinistro. Finalmente cessarono.
I fuggiaschi allora. trovandosi in un campo disabilalo, e non sentendo
un alito all’intorno, rallentarono il passo;e fu la prima Agnese che,
ripreso fiato, ruppe il silenzio, domandando a Kenzo com’era andata,
domandando a Menico cosa fosse quel diavolo in casa. Renzo raccontö
brevemente la sua trista storia; e lutl’ e tre si voltarono al fanciullo,
il quäle riferi piü espressamente 1’avviso del padre, e raccontö quello
eh’egli stesso aveva veduto e rischiato, e che pur troppo confermava
T avviso. Gli ascolfalori compresero piü di quel che Menico avesse sa*
puto dire: a quella scoperta, si senliron rabbrividire ; si fermaron
lutt’e tre a un Iralto, si guardarono in viso Tun con l’altro, spa-
ventati; e subito, con un movimento unanime, tult’e tre posero una
mano, chi sul capo, chi sulle spalle del ragazzo, come per acearez-
zarlo, per ringraziarlo tacitamente che fosse stato per loro un angelo
tutelare, per dimostrargli la compassione che sentivano dell’ angoscia