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più alte della virtuosità. Insuperabile nel rendere gli
effetti delle cose alla loro giusta distanza, egli percepisce i
fenomeni nell’eccitamento di una perenne sensualità visiva.
L’universo gli appare sotto l’aspetto di un immenso prato
fiorito. Tutto il suo mondo interiore é costituito da un
inesauribile tesoro coloristico. E la sua potenza é somma
nel rendere come luce e come colore tutti gli aspetti della
vita.
Se diverso, anzi opposto a quello del Mancini é il con
tenuto dell’arte di Gaetano Previati, altrettanto differenti
sono i mezzi di espressione di cui il pittore si vale.
Già nel Cesare Borgia a Capua — opera giovanile di
1 8 metri quadrati, compiuta in poco più di tre mesi, senza
cartone, ed esposta a Torino nel 1 880 — se per il desiderio
di soddisfare talune convenzioni e per la preoccupazione del
comporre a programma l’artista ferrarese rientrava nella
numerosa schiera dei pittori di quadri storici, fioriti dal
Delacroix in poi, egli pur tuttavia rivelava la passione nuova
dello studio della luce in quel vivido raggio che ricerca e fa
palpitare come un fiore il corpo della donna denudata dagli
sgherri. Ma anche in questa ricerca il Previati non si
appaga, come aveva fatto Domenico Morelli, del contrasto
di luce e d’ombra.
La scienza del tono, atta a materializzare il più possi
bile, sulla tela o sulla carta, le relazioni fra gli oggetti che
furono origine od occasione della sensazione, é abbandonata
nel desiderio della sintesi rapida e sostituita da un uso
raffinato del chiaroscuro. La luce tende a diventare un
mezzo particolare di espressione.
Dal Cesare Borgia a Capua l’evoluzione di Gaetano
Previati, direi meglio la sua purificazione, passò attraverso
numerose opere di carattere storico, religioso e di genere per
giungere a quella Maternità che, affermando in modo com
piuto la tendenza idealistica già chiaramente adombrata