angelo, e sì chiamò dei «Macchiaioli». Non si può garantire quale sia la esatta
origine della parola: se accenni al concetto di «Macchia», pittura di macchia
estemporanea, di impressione, di tocco (vedi il saggio omonimo di B. Croce);
9 se accenni invece al carattere ribelle dei suoi adepti, sinonimo di irregolare, dt
fuori-legge, di chi «si dà alla macchia». Forse sono veri i due significati. Il
cenacolo fu iniziato da de Tivoli; vi influì il romano paesista Nino Costa; vi
militarono Abbati, Banti, Sernesi; vi aderì il veronese Cabianca. Ebbe un giorna-
letto battagliero di cui lo spirito toscanamente arguto e polemico fu il pittore
Telemaco Signorini, Nestore del movimento. Il massimo maestro fu Fattori (*).
Per dignità gli sta vicino, austero e fine, il patriota repubblicano Silvestro Lega.
A Roma il gusto paesistico ha il maggior maestro in Nino Costa; e, sulla sua
tradizione, il paesaggismo arriva alla piccola vivace corporazione pittorica, di
carattere quasi paesano, degli «acquarellisti della campagna romana». Come nella
prima metà del secolo, su fredda ispirazione nordica; Roma aveva avuto il
cenacolo dei puristi-nazareni, ora aveva il gruppo in Arte Libertas con inten-
zioni di neo-purismo, con dottrina estetizzante a base letteraria (G. Cellini,
De Carolis, Sartorio, e per le lettere, D’Annunzio). Vi si oppone la cruda, ogget-
tiva rappresentazione pittorica di Antonio Mancini.
Nel Piemonte, il più dotato ed eclettico, Fontanesi (*). Confluiscono in quella
regione influssi svizzeri (Calame), francesi (Corot, Troyon), inglesi. A questo
gruppo appartengono eccellenti maestri quali M. Calderini, Delleani e Avondo.
Mentre a Napoli e a Firenze i nomi di posillipisti e macchiaioli servirono ad indi-
care la riforma precisamente pittorica, a Milano il nome di Scapigliatura designò
un movimento di protesta e di rivolta assai più vasto, che comprese egualmente
letterati, poeti, pittori e scultori; quanti sentivano l’avversione al gusto domi-
nante, e al romanticismo decadente); quanti vagheggiavano insieme l’auto-
nomia dell’arte, la sincerità d’espressione e di ispirazione, un più diretto contatto
con la vita. Carducci reagiva col suo umanesimo e il suo classicismo. Questi
altri risposero all’«ordine» del moderatume, che soffocava anche il ricordo della
eroica vita del Risorgimento, con la irregolarità, l’impulso del sentimento, col
mettersi fuori e contro legge; risposero alle parrucche con la Scapigliatura. Fu
una murgeriana Bohème all’italiana, che esaltando la forza inquieta della per-
sonalità finì per essere un modo di vita. Nonostante tutte le esteriorità di spaval-
deria e di moschettierismo ebbe la sua malinconia, i suoi spirituali dissidi tanto
profondi che portarono molti di questi bobémiens a tragica fine.
Padre della Scapigliatura fu forse il fecondo e originale scrittore Gius. Rovani.
Lo seguirono il Tarchetti e Camerana, suicidi, Arrigo Boito, Carlo Pisani Dossi,
Farina, Emilio Praga (*).
Per la pittura si incontrarono in questo movimento il Piccio e Faruffini. Senti-
mento e sensualismo avvicinano sotto la stessa bandiera, in questa pattuglia,
Cremona, Ranzoni e Grandi; poi lo strano Conconi, Tallone, Gola e Bazzaro (*),
= il Previati (*) della prima maniera.
Nella stessa Lombardia s’ebbe una delle estreme conseguenze dell’impressionismo
con una nuova riforma che presumeva di essere più di una riforma tecnica: il divi-
sionismo. Fu il risultato di una osservazione e speculazione del vero ed ebbe
una prassi di empirismo scientifico che, se si riduce a tecnicismo ed in quanto tale,
rimane all’arte indifferente; finì talvolta in maniera. Lo iniziò Grubicy; vi si
ed“